Leggi il nostro articolo pubblicato sulla rivista Casa&Clima
L’impianto non deve solo essere nascosto, ma anche rimanere facilmente accessibile per pulizie e manutenzioni
Se prima era presente quasi solo in ambienti industriali e commerciali, negli ultimi anni sono sempre di più le abitazioni che possono contare sui benefici della Ventilazione Meccanica Controllata (VMC).
D’altronde la questione della qualità dell’aria interna è più che mai attuale e rilevante. Una famiglia di 3/4 persone produce oltre 10 litri d’acqua al giorno semplicemente respirando, cucinando, facendosi la doccia.
Quest’acqua si aggiunge all’aria presente in casa aumentandone l’umidità e non ha modo di uscire del tutto, specialmente in inverno, quando a causa del freddo raramente si aprono le finestre.
Poi ci sono gli odori – di cibo o del bagno – che possono impregnare le mura domestiche, assieme a polvere, allergeni, particelle inquinanti portate dall’esterno e i prodotti per la pulizia che disperdono CO2 e VOC.
Tutto ciò concorre non solo a una scarsa qualità dell’aria in casa (aggravando allergie, problemi respiratori e intaccando la salute in generale), ma anche a un eccesso di umidità che, nel giro di pochi anni, sarà causa di macchie e muffe sulle pareti. Aprire le finestre per qualche minuto al giorno non basta a far uscire la quantità di acqua e agenti dannosi di cui abbiamo appena parlato. Non solo: come saprai le nuove costruzioni, o abitazioni appena ristrutturate, presentanto nuovi standard che giovano al benessere e riducono i consumi, tramite infissi isolanti e cappotti che in inverno evitano la dispersione di calore.
È quindi controproducente annullare gli sforzi fatti per mantenere la temperatura e ridurre i consumi, facendo entrare aria non filtrata dall’esterno.
I benefici della VMC
È qui che la VMC offre i benefici maggiori. Questa tecnologia, infatti, garantisce un costante ricambio d’aria, che in casa entra pulita e filtrata da allergeni e impurità, e al contempo riduce la polvere, gli odori e l’umidità presenti. Rimuove la condensa sui pavimenti e sui vetri, evita la formazione di muffe e il famoso “odore di cantina”.
Per funzionare a dovere, questa tecnologia necessita di impianti di dimensioni considerevoli, attorno ai 1300 mm x 1500 mm (L x H), solitamente installati in un controsoffitto reso ispezionabile da una botola posta in corrispondenza del macchinario. È qui che arriva la questione spinosa: l’impianto non deve solo essere nascosto, ma anche rimanere facilmente accessibile per pulizie e manutenzioni.
Anche tu come progettista vedi le botole d’ispezione come una seccatura, e tendi a delegarne la scelta o evitarle il più possibile per concentrarti sul progetto? Ma se hai a cuore il risultato finale del tuo progetto, e sono certa che sia così, la grande diffusione degli impianti di VMC è qualcosa di cui tener conto.
Le chiusure della VMC possono giovare alla funzionalità e all’estetica dell’ambiente; questa piccola “guida” aiuterà a valutare meglio le offerte di un mercato che forse non è ancora stato così esplorato.
La scelta del materiale
Solitamente, in fase di progettazione, viene sottovalutata la scelta di una botola, pensando che questa debba “semplicemente” coprire un impianto alla vista. Ne conseguono soluzioni improvvisate o sistemi in legno o in cartongesso. Questo comporta un primo problema: filtrando l’acqua presente nell’aria, presso gli impianti di VMC è facile che si crei umidità e condensa; addirittura, non è raro che questi impianti siano collocati in bagno o all’esterno.
In queste condizioni, è solo questione di tempo prima che botole in legno o cartongesso inizino a gonfiarsi o a presentare irregolarità dovute all’acqua, dando così un aspetto sgradevole a un oggetto che dovrebbe essere pressoché invisibile sul soffitto.
Ma la questione non è soltanto estetica. Queste botole rendono le ispezioni difficili e pericolose, per via della loro conformazione che ostacola lo scopo principale per cui sono state create. Per loro natura, le classiche botole in cartongesso presentano un telaio e sistemi di chiusura e apertura che non permettono di coprire grandi impianti in maniera sicura e al contempo di far passare l’aria. Quest’ultimo fondamentale aspetto può portare a scegliere come chiusura la griglia solitamente fornita assieme alla macchina, ma ciò significa accontentarsi di un elemento sgradevole alla vista, che non si mimetizza con la parete e che non è verniciabile.
Si potrebbe pensare che una botola in cartongesso fessurata sia la soluzione, ma queste danno ancora più problemi della versione classica a causa del gesso esposto.
Inoltre, botole di questi materiali vengono prodotte in dimensioni standard relativamente ridotte, solitamente non abbastanza da coprire l’estensione del vano in cui è contenuto l’impianto. Il motivo è semplice: se già parliamo di botole pesanti da sollevare e che richiedono la presenza di almeno due tecnici, dimensioni maggiori le renderebbero troppo gravose da maneggiare per chi periodicamente dovrà metterci mano. La conseguenza è l’installazione di botole troppo piccole che non consentono all’impiantista un’ispezione completa. Quindi, al momento della manutenzione, l’unica opzione potrebbe essere la demolizione del controsoffitto creando non solo disagi nell’abitazione, ma anche pesanti perdite di tempo e denaro. Per non parlare dello scarico di colpe che va dall’impiantista al cartongessista, dall’impresario all’architetto.
Impianti verticali
Va anche ricordato che il sistema di VMC può essere istallato in verticale in una controparete. Spesso la questione di come coprirlo viene affrontata solo nelle ultime fasi del cantiere e tra le soluzioni improvvisate, in assenza di altro, c’è quella di rivolgersi a un falegname per la realizzazione di un’anta. Ma il punto è che questo non è il lavoro del falegname: rischierai di ritrovarti innanzitutto con un sistema difficile da posare in opera, il che comporta perdite di tempo in cantiere.
La ragione è semplice e logica: il falegname non è esperto di costruzioni a secco e quindi difficilmente realizzerà un prodotto pensato per una posa semplice e veloce.
Ma non solo, potresti ricevere un’anta poco performante a causa di dettagli tecnici e materiali inadeguati e che deperirà nel tempo per gli stessi motivi.
Inoltre, realizzare ad hoc questo tipo di prodotto potrebbe risultare eccessivamente costoso: pagheresti troppo per un risultato senza garanzie.
La chiusura ideale
Riassumendo, il sistema per chiudere gli impianti di VMC dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:
- essere grande quanto serve a permettere l’ispezione, la pulizia e la sostituzione senza ricorrere a demolizioni;
- essere leggero, così che le grandi dimensioni non siano un problema o un pericolo per il tecnico che ciclicamente dovrà aprirla. Potrà quindi lavorare da solo, agevolmente e in tempi brevi;
- permettere il passaggio dell’aria;
- essere in un materiale non solo leggero, ma anche resistente nel tempo, che non si deformi in presenza di acqua, umidità o intemperie;
- praticamente invisibile, così che non stoni col resto dell’ambiente e ce ne si ricordi solo quando va aperta.
Insomma, le chiusure per impianti esistono e sono necessarie.
Per far sì che non diventino il neo del tuo progetto, la scelta ti riguarda in prima persona in quanto progettista. Una loro corretta integrazione permetterà di avere un grosso problema in meno in fase di cantiere e un risultato impeccabile a lavoro ultimato.